busalla 2013

San Biagio: la cronologia di una dismissione

Posted in articoli by dis'ordinato on martedì, settembre 30, 08

1979: il Comune fa pressioni affinché (per ragioni di carattere ambientale) venga chiuso l’impianto di raffineria ERG di San Quirico, viene siglato un primo accordo generale tra la proprietà (famiglia Garrone), gli enti locali, e i sindacati per la prosecuzione a termine delle attività, con la possibilità di riuso produttivo delle aree stesse.

1983-1984: vengono cedute le prime aree dismesse dalla ERG e destinate dal PRG alla realizzazione di due attività commerciali di grande dimensione.

1987: primo progetto complessivo di riconversione e riassetto dell’area petrolifera che va sotto il nome di progetto “Viva Genova” ed è presentato dalla stessa ERG insieme alle altre aziende petrolifere interessate e prevede nell’area di San Quirico un parco scientifico e tecnologico con attività direzionali e di formazione e residenze destinate agli addetti e agli studenti, verde pubblico, attrezzature sportive, parcheggi. Nell’area di Morigallo è prevista la realizzazione di un autoporto dotato di albergo e servizi, l’area di Fegino (circa 50.000 mq) è invece destinata alla “Città Mercato” che comprende esercizi pubblici per la vendita al dettaglio e all’ingrosso e servizi. Nella restante parte dell’area è prevista la realizzazione di un campo da calcio, di una piscina, altre attività commerciali e direzionali, parcheggi pubblici, verde attrezzato. Il progetto viene abbandonato a causa di mancanza di dialogo fra le istituzioni pubbliche e le imprese proponenti.

1988: chiusura definitiva della raffineria.

1990: venuta meno l’ipotesi del progetto “Viva Genova” la ERG si concentra nuovamente sulle aree di sua proprietà e costituisce la Hamon s.p.a. insieme a Coopliguria e a Coopsette che dimostrano interesse ad intervenire sull’area della raffineria. L’obiettivo della nuova società é quello di definire insieme alla pubblica amministrazione un progetto di riuso dell’area che concili esigenze di risanamento ambientale, miglioramento della dotazione di servizi della zona ed economicità complessiva dell’operazione. Anche questo approccio fallisce per i tempi troppo lunghi della decisione politica e per conflitti fra Comune e Regione circa la destinazione dell’area.

1991: la situazione si modifica con l’emanazione della legge 203 del 1991 per la realizzazione di abitazioni destinate alle forze di Polizia in aree di bonifica, attraverso la forma del Piano Integrato che costituisce variante al PRG ed è ratificato tramite Accordo di programma. L’iniziativa dei privati é sollecitata tramite un bando nazionale e agevolata con incentivi finanziari e snellimenti amministrativi.

1992: Coopsette propone di utilizzare questo strumento per la trasformazione dell’area, la legge però, é destinata alle imprese e non ai proprietari delle aree: la ERG decide di vendere il terreno (previa bonifica). Per concorrere al bando si assiste alla formazione di un nuovo ragruppamento di imprese guidato dalla Coopsette che da vita alla Società Immobiliare San Biagio Nuova (che oggi è costituita da Coopsette e Lombardini).

1994: il programma presentato risulta primo nella graduatoria nazionale su 1100 proposte ed è uno fra i primi (e fra i pochi) ad essere realizzato. Nello stesso anno viene siglato l’Accordo di programma tra Comune, Regione, IACP e la Società San Biagio Nuova.

1996: rilascio delle prime concessioni edilizie

Il progetto prevede, su 33 ha, la realizzazione di:

510 abitazioni (di cui 210 di edilizia agevolata e sovvenzionata destinate alle forze di Polizia);

1 centro commerciale (28.000 mq)

1 complesso artigianale come sede di stampa de Il Secolo XIX (25.000 mq)

1 albergo di 90 camere

1 centro ricreativo con multisala cinema, discoteca e ristorante

impianti sportivi comunali (30.000 mq)

un parco sulle pendici collinari

progetto per una cabinovia di collegamento tra quest’area e il Santuario di N.S. della Guardia

L’investimento complessivo è stato di 400 miliardi.

Attuale realizzazione:

interventi per una parte delle abitazioni (sia di edilizia agevolata e sovvenzionata, sia per le forze di Polizia);

centro commerciale Ipercoop L’Aquilone che comprende 8.500 mq di despecializzato alimentare e 6.500 mq di galleria commerciale;

insediamento artigianale (lavori in corso).

Restano da completare il centro ricreativo, un ultimo lotto di residenze, gli impianti sportivi, la cabinovia, albergo.

La realizzazione dell’Ipercoop è stata contrasta (oltre che da un gruppo concorrente) anche dall’opposizione dei piccoli commercianti: la scelta di privilegiare i commercianti locali nei 34 negozi della galleria ha stemperato il conflitto. Si tratta di un centro commerciale integrato formato da ipermercato e da negozi.

Questo progetto sarà sottoposto a ulteriori modificazioni (PRU, PRUSST): in generale si può dire che:

L’intervento ha comportato un netto miglioramento delle condizioni ambientali, di vivibilità e sicurezza della zona, la realizzazione del parco e degli impianti sportivi porterà anche ad un miglioramento nella dotazione dei servizi e dell’immagine complessiva della val Polcevera. Sotto il profilo economico ed occupazionale vanno rilevati i 500 posti di lavoro (diretto e indotto) creati dal centro commerciale.

4#futuro

Posted in articoli by dis'ordinato on martedì, settembre 30, 08

Ogni volta che accade un incidente rilevante, si discute del futuro della raffineria.
Il problema, dunque, riguarda il progetto futuro di Busalla, che fare? Se prendiamo come esempio la dismissione della collina di San Biagio occupata dalla Erg fino al 1988, anno della definitiva cessazione dell’attività, la risposta è una bella speculazione edilizia. Forse bisognerebbe sforzarsi maggiormente! Ammesso che si possa trovare una soluzione tra azienda, comunità locale e enti pubblici rimane l’insormontabile problema di una contrattazione su un area privata, compromessa da anni di sfruttamento intenso sotto tutti i punti di vista, per cui il primo passo è la stipula di un accordo di programma tra i soggetti coinvolti per la bonifica dell’area (come per Bolzaneto, Fiumara e Cornigliano), inserendo nuove funzioni che consentano una alternativa al passato e presente petrolchimico. Non ci sono molte alternative, la prima e forse l’unica, riguarda la conversione industriale in area per la logistica in connessione con l’interporto di Rivalta Scrivia (gestito dal signor Gavio), sfruttando sia la presenza della vicina ferrovia che l’autostrada. Altre ipotesi quali residenze, luoghi per il tempo libero e lo svago sono pura fantasia e non fanno i conti con la realtà industriale della Liguria. Una parte della bonifica potrebbe riguardare la realizzazione di un parco urbano lungo il fiume Scrivia, in modo che i suoi bordi possano essere usati come una pista ciclabile per biciclette tradizionali e mountain bike fino a Borgo Fornari, puntando così su un turismo ecologico, e consentire la sosta al Castello medioevale oggetto di un restauro ad opera della Provincia di Genova, inserito all’interno del percorso museale del Centro Studi Storici Alta Valle Scrivia.

3#risarcimento

Posted in articoli by dis'ordinato on domenica, settembre 7, 08

La parola risarcimento fa paura ogni volta che viene usata ma durante un processo di contrattazione tra una comunità di cittadini e un’industria rappresenta un nodo da approfondire. In questa sessantennale vicenda tra Iplom e Busalla non si è mai parlato di un risarcimento economico per la presenza “ingombrante” della raffineria e nella omertà diffusa si accetta che l’azienda invece sponsorizzi la squadra di calcio e il volley. Noi non vogliamo un risarcimento mascherato sotto forma di sponsorizzazione, perchè poco trasparente e lede la dignità dei cittadini busallesi. Ogni azienda dal forte impatto ambientale cerca di mettere a tacere la propria coscienza offrendo generosi contributi alle attività sociali e sportive nel territorio sul quale agisce, è una prassi consolidata. Questo atteggiamento non è chiaro quanto il versamento di un risarcimento annuo all’amministrazione comunale che può, così, re-investire, se ha un progetto politico, in opere per la comunità. Molti cittadini pensano che l’accettazione di un risarcimento economico sia un atto di debolezza e svendita della propria coscienza ma non è vero. Nessuno potrà mai comprare le nostre coscienze, però tu, Azienda che offri dei disagi alla cittadinanza ogni volta che accade un incidente rilevante, non cospargerti il capo di cenere nelle pagine a pagamento di Secolo XIX e La Repubblica/Genova, ma dimostra la tua buona volontà e destina una quota annuale del tuo profitto alla comuità dismettendo il finanziamento alle attività sportive.

2# delocalizzare?

Posted in articoli by dis'ordinato on mercoledì, settembre 3, 08

La seconda parola chiave del progetto è “delocalizzare?”. Fin dal 2005 e anche prima si discute dell’eventualità di delocalizzare la raffineria ma coloro che ne parlano hanno una visione alquanto distorta e ideologica del problema. Quando la Erg di Garrone era sulla collina di Bolzaneto, uno dei quartieri genovesi, la sua dismissione, la bonifica dell’area e la delocalizzazione a Priolo (Siracusa) è avvenuta per una forte volontà politica dell’azienda e dei politici locali. La politica ha investito nella bonifica così come l’azienda che ha venduto l’area alla Lega delle Cooperative che ha realizzato  una edificazione massiccia ad opera dell’architetto Vittorio Grattarola, allievo di Giancarlo De Carlo. Questo dimostra che una eventuale delocalizzazione della Iplom è una scelta politica dell’azienda e degli enti ma soprattutto è il mercato che la determinerà. Oggi coloro che parlano di delocalizzare forse non hanno ben presente che bisogna essere in due, azienda e amministratori pubblici (Stato, Regione, Provincia, Comune) e nel qualcaso la raffineria fosse d’accordo si pone il problema della scelta del luogo. Qui ritorniamo alla debolezza di tutte le contestazioni che Comitato e Comune di Busalla hanno portato avanti questi anni, occorre avere una visione più ampia che comprenda anche il progetto futuro di Busalla.

Quale progetto alternativo e fattibile economicamente è mai stato proposto da tutti gli attori (enti, azienda, Comitato)per riconvertire l’area? L’assenza di una progettualità del nostro futuro è sconcertante ed evidenzia ancora una volta quanto la politica, locale, non si faccia carico delle problematiche del territorio.
La delocalizzazione conseguenza della dismissione parziale di attività (in quanto i serbatoi lungo l’ansa dello Scrivia rimarrebbero) è l’esito finale che prevede un processo di concertazione tra tutti i soggetti ma senza la volontà politica non la si potrà mai raggiungere, per questa ragione insinuo un dubbio.
La nostra prossima iniziativa sarà il coinvolgimento di urbanisti che si occupano di dismissione di aree industriali e del rapporto tra insediamenti produttivi e territorio.

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